Un articolo che fonde Arte e Danza, come la coreografa Marie Chouinard ha saputo fare nel suo ultimo lavoro ispirato alla celebre opera del pittore fiammingo Bosch, “Hieronymus Bosch: The Garden of Earthly Delights”, andato in scena al Teatro Elfo Puccini durante il Festival MilanOltre.
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“Il giardino delle delizie” tra arte e danza.
di Laura Luppi
Sogni, incubi e desideri della natura umana, dipinti da Bosch intorno al 1500 e reinterpretati oggi dalla nota coreografa Marie Chouinard e dalla sua compagnia di danzatori.
“Il giardino delle delizie”. Un tesoro al Museo del Prado (prima parte dell’articolo)
Nel 2016 ricorreva il quinto centenario della morte di Hieronymus Bosch (1450 circa-1516), pittore da molti considerato il surrealista del XV secolo, anticipatore di un gusto e di uno stile artistico più vicino a quello dei suoi colleghi del Novecento. Eppure pare proprio che Bosch fosse perfettamente inserito nella società medievale nella quale trascorse la sua intera esistenza, e in particolare agli usi e ai costumi di s’-Hertogenbosch, la piccola e tranquilla cittadina olandese dalla quale deriva il suo nome, e dove hanno avuto inizio i festeggiamenti lo scorso anno. Fiorente località culturale, la città vantava una partecipazione religiosa piuttosto intensa, con numerose feste e processioni, e la formazione di ordini anche laici tra cui i Fratelli e Sorelle della Vita Comune. Della biografia di Bosch (Jeroen Anthoniszoon van Aken) però conosciamo molto poco (compresa la sua data di nascita), non essendo giunto a noi nessun appunto, diario, lettera o documento da lui redatto al di fuori di quelle poche informazioni registrate nei libri dei conti della Confraternita della Nostra Diletta Signora, a cui la sua famiglia apparteneva. Da qui il velo di mistero sorto attorno alla sua figura e, di conseguenza, alla sua enigmatica arte nota per quelle creature umane e antropomorfe, rappresentate in complesse scene dagli evidenti intenti allegorici e metaforici. Ma quali? A riguardo la critica si è sbizzarrita per secoli, proponendo le più disparate interpretazioni in riferimento alle sue opere più celebri. Tra queste la più amata è sicuramente “Il giardino delle delizie” (1490-1500 circa), oggi conservata al Museo Nacional del Prado di Madrid dove si è conclusa a settembre la grande mostra “El Bosco: la exposición del V centenario”, la più ampia retrospettiva mai realizzata. Il Museo del Prado inoltre ospita il maggior numero di opere dell’artista grazie alle acquisizioni di Filippo II re di Spagna (1527-1598), il quale aveva manifestato un vivo interesse nei confronti delle creazioni dell’artista, la stessa curiosità che riescono a suscitare ancora oggi in ognuno di noi. Per molti esse altro non sarebbero che proiezioni dell’inconscio, sogni e desideri più o meno inquietanti annidati nella mente del loro fautore. Per altri testimonierebbero invece le pratiche esoteriche medievali legate al mondo dell’alchimia, della magia e della stregoneria, tanto da azzardare l’ipotesi secondo cui Bosch sarebbe stato legato a qualche movimento eretico. Un forte sostenitore di questa teoria fu Wilhelm Fraenger (1890-1964), convinto di una stretta relazione tra l’artista e la setta dei Fratelli del Libero Spirito, per la quale la promiscuità sessuale costituiva una pratica necessaria per tornare allo stato di innocenza naturale, quello di Adamo prima del peccato originale. Per tale motivo i suoi adepti venivano chiamati Adamiti e sarebbero stati, secondo Fraengen, i veri destinatari della scena centrale de “Il giardino delle delizie”, con l’intento quindi non di condannare moralmente ciò che vi veniva descritto, ma di motivarlo secondo la loro eretica visione. Per quanto a tratti affascinante questa tesi come altre, nonostante il successo, non trova per la verità solidi fondamenti. Come detto, Bosch apparteneva alla Confraternita della Nostra Diletta Signora, un’associazione di laici e chierici dedita al culto della Vergine Maria, probabile committente dell’opera. Anche le ipotesi legate all’ambito psicologico, alle presunte proiezioni del suo inconscio, cadrebbero perché non dimostrabili. Nel Medioevo, infatti, il desiderio sessuale veniva semplicemente condannato dalla Chiesa come peccato mortale, ed è tale circostanza quella che Bosch avrebbe voluto raccontare, ispirandosi ai proverbi dell’epoca e ai giochi di parole della sua lingua madre. Pare dunque inutile cercare un messaggio subliminale relativo a vicende, sentimenti o impulsi privati dell’autore. La psicologia può, piuttosto, cercare di risolvere il mistero legato alla nostra odierna attrazione nei confronti di un linguaggio erotico e allo stesso tempo grottesco come quello de “Il giardino delle delizie”, capace di catturarci ancora grazie alle grandi mostre del Museo del Prado, ma anche per mezzo del lavoro coreografico della quebecchese Marie Chouinard, pensato e strutturato proprio in suo omaggio.
BOX MUSEO DEL PRADO
Il Museo del Prado è una delle più importanti pinacoteche del mondo e ospita al suo interno il maggior numero di opere di Bosch, tra cui “Il giardino delle delizie”, “L’Adorazione dei Magi” e lo “Haywain Tryptich”.
La Compagnie Marie Chouinard nel giardino delle delizie (Seconda parte dell’articolo)
Presentato in anteprima il 4 agosto a s’-Hertogenbosch, città natale di Bosch, proprio per i festeggiamenti del 500° della sua morte, e riproposto il 7 e l’8 ottobre presso il Teatro Elfo Puccini di Milano all’interno del Festival MilanOltre, “Hieronymus Bosch: The Garden of Earthly Delights” di Marie Chouinard ha condotto lo spettatore in un viaggio, è il caso di dire, surreale all’interno dell’opera stessa. Lo spettacolo, diviso in tre atti, si apre con la proiezione delle sezioni esterne degli scomparti che compongono il trittico, sui quali è raffiguarata in toni grigi la creazione del mondo attraverso il Verbo. In alto a sinistra è infatti possibile scorgere Dio sul trono con un libro aperto in mano. L’ambiente vegetale della terra, illuminato oltre le tenebre, introduce il tema del giardino esotico della tavola centrale, svelata al pubblico con l’apertura virtuale dei due pannelli laterali.
Entrano in scena i danzatori dai corpi nudi e pallidi, perfetti interpreti dei personaggi di Bosch nel suo paesaggio bucolico, dove una moltitudine di uomini e donne, animali e uccelli, si dilettano in giochi erotici senza alcun pudore. I gesti selvaggi e liberi dei ballerini richiamano i dettagli di quell’oasi abitata con gioiosa e innocente naturalezza, e in cui persino i frutti alluderebbero al piacere sessuale come simboli del peccato originale. Sul palcoscenico fa da subito il suo ingresso un enorme guscio trasparente, simile a quello in cui le figure si infilano nell’opera di Bosch e che, secondo lo studioso Dirk Bax, si riferirebbe al gioco di parole “schel” o “schil”: buccia di un frutto che genera discordia (soprattutto in campo amoroso), come quello inviato da Eris al banchetto per il matrimonio di Peleo e Teti. Non devono troppo stupire questi elementi attinti dalle tradizioni classiche e medievali, primo fra tutti il giardino degli amanti, solitamente dotato di una fonte d’acqua (o bagno di Venere), posta al centro anche del dipinto di Bosch. Negli arazzi e sulle incisioni del tempo questi allegorici paradisi dell’Età dell’Oro non mostravano certo attività sessuali esplicite come ha avuto il coraggio di azzardare l’artista olandese, ma pur sempre essi appartenevano all’immaginario di un’epoca per la quale la lussuria era considerata il primo peccato, il più grave, e da cui tutti gli altri sarebbero ineluttabilmente derivati. Un giardino delle delizie ma di un falso amore, quindi, di un erotismo vivace e senza regole, di un sogno idilliaco capace di tramutarsi però in un terrificante incubo, quello del secondo atto.
L’Inferno descritto nello scomparto a destra prende forma facendo precipitare l’armonia, la luce e il piacere nel caos, nella dannazione, nella disperazione. Il corpo nudo non è più finalizzato al piacere, ma diviene cibo per animali e creature mostruose, inghiottito e rigettato a brandelli. Suoni e frastuoni prendono il sopravvento sul palco con l’utilizzo di qualsiasi oggetto privato della sua originaria funzione, compresi alcuni strumenti musicali, secondo la concezione medievale della lussuria definita come “musica della carne”, una musica stonata, appunto, spaventosa.
Solo il terzo atto ristabilisce la quiete, ma lo fa in un’atmosfera completamente nuova, sacra. Se nel trittico di Bosch la scena dell’Eden, sullo scomparto di sinistra, sarebbe la prima da visionare dopo la sua apertura, Marie Chouinard sceglie di porla al termine del percorso coreografico. La Creazione compiuta del paradiso terrestre, in cui animali fantastici convivono tra loro, pone in primo piano l’incontro di Adamo ed Eva per mezzo di Cristo, incarnazione del Verbo Divino. L’immagine illustra la benedizione di Dio della prima coppia, com’è stata riportata nella Genesi, con Cristo che prende la mano di Eva per presentarla ad Adamo nel suo stupore. La natura innocente dell’uomo lascerebbe dunque il posto al giardino delle delizie dopo il peccato originale, da cui conseguirebbe infine la dannazione dell’uomo. Una visione piuttosto pessimistica, ma esattamente quella diffusa dalla Chiesa nel Medioevo. In “Hieronymus Bosch: The Garden of Earthly Delights” di Marie Chouinard l’intento è forse più quello di ristabilire la salvezza dell’uomo attraverso la purificazione dai mali, concentrando l’attenzione sul gesto di Cristo, il nostro Salvatore, sacrificatosi per redimere i peccati del mondo. I ruoli dei protagonisti, però, vengono continuamente sovvertiti dai danzatori che si fanno a volte Cristo, a volte Adamo e a volte Eva, indipendentemente dal loro sesso. Un messaggio più attuale e concreto, di speranza e riappacificazione che ci interroga nel profondo, ci fa immedesimare in quei corpi “messi a nudo” che a un tratto si avvicinano e ci guardano, come il Grande Occhio proiettato sopra di loro. L’Occhio Divino, impedimento benevolo alle inclinazioni peccaminose presente in un’altra tavola nota del Bosch (“I sette peccati capitali e i quattro misteri novissimi”), nell’opera coreografica della Chouinard non fa più paura, non giudica, sembra emozionarsi, perdonarci; ed è un occhio femminile.